Merlin: a Poem

A un gatto omonimo.

In a world of shadows, where silence reigns,
A little grey cat named Merlino remains.
With eyes like moonlight, and fur so fine,
He roams the night, a creature divine.

Through cobblestone streets, he gracefully strides,
His presence unnoticed, as he silently glides.
His paws leave no trace, his steps are light,
As he ventures forth into the moonlit night.

With every leap, he soars through the air,
A graceful dancer, without a care.
He chases the stars, with a playful delight,
As they twinkle above, in the velvet night.

His purrs are whispers, soft as a breeze,
A melody that puts the mind at ease.
He weaves through the shadows, with feline grace,
Leaving behind a trace of mystery and grace.

Oh, little grey cat, with eyes so bright,
You bring joy and wonder, in the darkest night.
Your spirit is wild, your heart is free,
A symbol of beauty, for all to see.

So, let us raise a toast, to Merlino the grey,
A poet of the night, in his own special way.
May his adventures continue, forevermore,
As he dances through life, on his paws, evermore.

La Materia Felina

Noi siamo il gatto che è in noi. Siamo i gatti che non possono camminare da soli, e per noi c’è un posto soltanto.

William Burroughs

Leggo da un mio diario:

Nonostante la forzosa iconografia sostenuta da supereroine e spogliarelliste anni Sessanta in sembianze feline, trovo che il gatto sia il mammifero più lontano dall’erotismo di qualsiasi altro animale, cosa che ai miei occhi contribuisce ulteriormente a sancirne l’indescrivibile fascino. A parte l’episodica e del tutto funzionale stagione degli amori, che si risolve in un estro violento, brevissimo e autoreferenziale, la carica sessuale o peggio sensuale del gatto è inesistente, del tutto sostituita dalla sua natura puramente psichica e per certi versi aliena che riesce a comunicare in forma seduttiva.

Come dice William Burroughs nei suo noto libro monografico The Cat Inside (1986), nella storia del suo rapporto con l’essere umano il gatto addomesticato non ha mai avuto alcuna concreta funzione se non quella di spiritello del focolare, capace solo di donare sé stesso in cambio di vitto e alloggio.

Selene e Merlino, i gatti di casa.

Riprendo a Fare Sketchnote

Da parecchio tempo sono un fanatico di sketchnote taking, una prassi che ho appreso da Mike Rohde. Ho ripreso ad annotare in questa modalità. Ecco alcune pagine del mio notes.

Ora vorrei individuare una sorta di supporto standard. Mi sono sempre mosso da un prodotto all’altro, come per testare varie superfici e tipi di carta, ma ora vorrei soffermarmi su qualcosa di più standardizzato.

Sguardi Generazionali e Hacking

Su Amazon Prime ci siamo visti Wargames (1983). Film interessante, che ha la bellezza di quarant’anni esatti e parla di argomenti ancora attuali. A proposito di attacchi hacker, credo sappiate che mi occupo professionalmente anche di questo. Dai uno sguardo alla nostra CALL TO ACTION! A me piace molto. Sintetica, semplice, diretta, un po’ old style come piace a noi della Generation X.

A proposito di cose generazionali, il mio amico Marco Crotta, noto guru della cryptosfera, ha espresso un’opinione molto interessante su questa pellicola.

Ho Iniziato un Corso di Creative Nonfiction

Ho iniziato un corso di creative nonfiction. Non so precisamente perché ho deciso di seguirlo; si tratta di un corso esclusivamente online, fatto di lezioni abbastanza brevi, di otto, dodici minuti ciascuna, o anche meno in certi casi. Il corso in generale non mi sembra particolarmente illuminante, o capace di consegnarmi chiavi metodologiche radicalmente determinanti per schiudere chissà che prorompente creatività. Ma per certi versi lo sto apprezzando proprio per questo: non dice troppo, ma spinge ad approfondire da sé, ovvero ad andare più in profondità nella pratica della scrittura.

La docente, Julia Bell, non è Natalie Goldberg. La prima è chiaramente un prodotto della contemporaneità a base di social e smartphone. La seconda è un mito che ho conosciuto attraverso il suo capolavoro (cito il titolo italiano) Scrivere Zen (1986). Ma questa distanza è colmabile, come ho detto. Sono io che devo colmarla, attraverso l’aggiunta di farina del mio sacco. Il corso in quanto tale funziona come una sorta di catalizzatore, ovvero di routine che mi spinge all’azione.

L’inerzia mi rende pigro. Molto pigro. Un corso come questo costituisce l’ottima occasione per rimettermi in moto.

Detto questo, ci sono alcune considerazioni che vorrei fissare, derivanti appunto dall’attento ascolto delle prime lezioni.

  1. La scrittura è un fatto di attenzione; nello specifico, di una forma di attenzione che procede per intensità e profondità. Essere attenti significa andare oltre le pure apparenze, prendersi del tempo per cercare e ricercare.
  2. La scrittura è un fatto di azione diretta, di manualità.
  3. La scrittura è riconoscimento della propria voce, in un procedimento che però sia di volta in volta tale da superare dei confini per accedere a nuovi livelli di consapevolezza e di utilizzo concreto della scrittura stessa. (Questo aspetto è complicato da gestire, ma da qualche parte bisogna pure iniziare.)
  4. L’arte in generale, compresa la scrittura, è un processo che somiglia alla digestione. Gli elementi da digerire sono vari, e spesso eterogenei. Questa cosa a dire il vero la sapevo, visto che le mie fonti di ispirazione sono sempre state diverse e non solo letterarie: penso alla musica di Brian Eno e John Zorn, oppure all’arte figurativa, tanto per citare qualche goccia nell’oceano. Però sentirselo dire in un corso assume un valore diverso, direi programmatico.
  5. Continuando dal punto recedente, c’è da dire che il processo di digestione può somigliare anche a un rimbalzo concettuale da A a B, e da B a C, laddove C può essere un’opera che nessuno immaginerebbe mai essere derivata da A. Questo aspetto è molto vicino alla letteratura.

La domanda successiva è: come utilizzerò tutto questo?

Annotazioni

Mi piace riportare quelle cose che scrivo di getto. Per molti versi sono quelle che mi piacciono di più, ovvero che mi somigliano. Scrivere in modo effettivamente schietto e preciso non è cosa facile. Richiede una forma di allenamento; direbbe Natalie Goldberg, di addestramento.