Canicola in Pianura Padana

Appena tornato da una rapida vacanza termale. Interessante la piscina a 35 gradi verso le 20.00, spopolata, estatica, con una piacevole musica d’ambiente (praticamente, singoli suoni sovrapposti in lunghissimi droni), molto simile a quella che potete ascoltare in questa puntata di Ultima Thule, numero 1506. Un podcast storico, che adoro riproporre sia a me che a voi.

Al ritorno alla base abbiamo trovato pioggia e un deciso abbassamento della temperatura. Ma l’umidità resta intensa, e il ventilatore qui è di rigore. Dopo la notevole colazione di stamattina, con uova, affettati, pane integrale, yogurt, marmellata, plumcake e pancake, cereali, zenzero disidratato e ovviamente molto caffè sia americano che espresso, per pranzo ci siamo limitati a del melone con poco prosciutto e cracker integrali. La pianura resta avvolta da una coltre di foschia densa.

Ripreso in Mano

In conclusion, there is no conclusion. Things will go on as they always have, getting weirder all the time.

Reality is always plural and mutable.

— Robert Anton Wilson

Ho ripreso in mano il mio vecchissimo account Noblogs. Come dire, sulla scia dei ricordi in materia. Mi piace, mi piace molto. L’idea fa certamente rima coi blog del passato remoto, quelli semplici, quelli fatti solo di parole e collegamenti. Il progetto programmatico di questo blog forse mi sfugge, ma certamente credo abbia a che fare con le elucubrazioni che circa trent’anni fa animarono il primo web attorno a figure come quella di Hakim Bey.

Due Appunti su Web e Scrittura

Annotazioni dal mio taccuino. Si parla di Web e di forme di trasmissione del pensiero, tra editoria classica, modernità, conflittualità intrinseca dei generi, delle ritmiche e delle modalità.

Il problema della piazza virtuale è che, nei vent’anni del suo sviluppo, è stata data in pasto all’utenza generalizzata senza una minima previsione di ciò che sarebbe accaduto. Le premesse erano ovviamente positive e incoraggianti, e in parte è chiaro che a tutt’oggi il Web è e rimane uno strumento irrinunciabile. Ma l’amplificazione indiscriminata di qualsiasi voce in un bacino indifferenziato e privo di specializzazioni, per molti versi del tutto inconsapevole, ha creato non già un pluralismo utile, quanto piuttosto un affollamento tossico esteso lungo tutte le latitudini.

Se in una piazza reale tutti iniziano a urlare, chi intende farsi sentire sarà costretto ad alzare ancora di più la voce, aumentando il baccano e selezionando in modalità avversa altra gente ancora più a suo agio nell’alzare la voce.

Il risultato è evidentemente caotico, ovvero determina uno scenario affollato e a più velocità; un vero e proprio oceano percorso internamente da correnti anche molto diverse tra loro, che propongono idee e progetti il più delle volte contaminate da istanze truffaldine, o demenziali, o volgarmente autopromozionali (basti pensare all’ormai onnipresente fenomeno dei fuffaguru), che in definitiva ci vedono attori sempre più passivi al cospetto di una nuova forma di zapping televisivo: appunto, lo scrolling, come ovvio riferito alla netta sovrabbondanza dell’utenza mobile rispetto a quella desktop.

Mi sono permesso di elencare brutalmente quelle che a mio avviso sono le derive più evidenti che il Web contemporaneo rappresenta:

  • giornalismo spazzatura, orientato alla pura realizzazione di click su annunci pubblicitari;
  • in generale, contenuti finalizzati al puro ottenimento di traffico;
  • demenzialità autoreferenziale e altri fenomeni da baraccone;
  • microblogging con profili falsi per indirizzare traffico;
  • recensioni con profili falsi;
  • fake news;
  • complottismi, benaltrismi, antiscientismi, bastiancontrarismi, e altre amenità postpandemiche;
  • come scrivere un libro di successo in cinque minuti con la sola forza del pensiero;
  • come guadagnare diecimila euro al mese lavorando un minuto al giorno;
  • tutto quello che sai sul trading online è falso, segui questo mio corso e diventerai miliardario, costerebbe ventimila ma te lo faccio a venti euro;
  • altre opportunità straordinarie della serie puoi tutto se lo vuoi;
  • porcate di vario genere;
  • esplorazione amatoriale di mercati assolutamente saturi, o inesistenti;
  • piattaforme di monetizzazione invase da gente che non monetizza alcunché.

Le dinamiche valorialmente inflative del Web a mio avviso seguono una dinamica molto chiara, che è la seguente: da un lato c’è un operatore che intende chiedere denaro per erogare un certo servizio: dall’altro lato c’è un secondo operatore che, desideroso di farsi conoscere, sfrutta l’implicita domanda creata creata dal primo operatore per erogare gratuitamente il suo stesso servizio. In altre parole, o il Web è uno strumento per vendere più efficientemente prodotti e servizi che si vendono già nel mondo reale (Amazon docet), oppure è un mezzo che crea l’illusione di creare nuovi prodotti e servizi, che in realtà arricchiscono solo le grandi piattaforme attraverso la vendita di nostri dati personali a terzi.

Il fenomeno stesso della fruizione, oggi come oggi, è cambiato. Siamo in troppi a scrivere, dunque siamo in troppo pochi a leggere: è un’equazione molto banale e facilmente comprensibile — a proposito di isomorfismi monetari — anche da un punto di vista strettamente economico. I contenuti attuali, per esistere, devono essere l’esatto opposto di ciò che è stata la grande letteratura. In altre parole si continuerà certamente a ripubblicare in edizioni cartacee l’Odissea di Omero, così come 1984 di Orwell, ma difficilmente riusciremo a trovare ripubblicati testi usciti per la prima volta trenta o venti anni fa, se non entro dinamiche editoriali che sono l’eccezione e non la regola.

Corruzione e Distruzione della Memoria

In questo articolo ho preso ad esempio il “caso” del finale del film Il Ritorno dello Jedi (1983) per parlare di corruzione. Sulla cosa ho riflettuto parecchio, e, imbattendomi in quest’altro articolo del Blog di Beppe Grillo, debbo dire che c’è una forte vicinanza tra i due concetti: corruzione e distruzione della memoria. L’articolo in questione parla di un romanzo che appunto rende la metafora attraverso la storia di un’isola dove gli abitanti, dimenticando, di fatto fanno sparire non solo la memoria, ma anche le cose. Cito direttamente le conclusioni:

L’idea del libro si presta ad una esatta analogia con il nostro presente. Oggi, le cose scompaiono incessantemente senza che neppure ce ne rendiamo conto. E scompaiono i ricordi, scompare la memoria, per la quale ci distinguiamo dagli animali. La proliferazione di oggetti ci illude, simulando un’abbondanza che non esiste. Ed è la nostra immersione nell’era della comunicazione e dell’informazione a far svanire le cose. Le informazioni, considerate “non-cose”, si ergono davanti agli oggetti, facendoli gradualmente svanire. Viviamo in un mondo in cui il predominio dell’informazione viene scambiato per libertà.

Mi trovo evidentemente molto in linea con questa descrizione, e a riprova di questo non posso fare a meno di citare l’esperienza diretta.

Io sono nato nella perfetta metà degli anni Settanta. La televisione del servizio pubblico che ho conosciuto da bambino e da adolescente — per intenderci, fino agli anni di Tangentopoli — era qualcosa di radicalmente diverso rispetto a quella attuale. Questo non significa assolutamente che non ci fosse pubblicità. Anzi, la pubblicità era onnipresente pure allora. Eppure accadeva qualcosa che ormai da anni non riscontro più.

I contenuti sia narrativi e cinematografici che documentaristici proposti nella RAI dell’epoca coprivano tranquillamente non solo il presente, ma anche il passato prossimo e remoto della produzione mondiale. In altre parole, noi ragazzini potevamo guardare tanto un film della citata serie classica di Guerre Stellari quanto uno di Stanley Kubrick, passando per le comiche di Stanlio e Ollio e arrivando ai classici di Alfred Hitchcock. La RAI dell’epoca per molti anni trasmise per esempio molti film dal vero prodotti dalla Walt Disney lungo tutto il secondo dopoguerra, nonché versioni restaurate dei mystery americani anni Trenta, per non parlare logicamente delle pellicole di Totò e della commedia all’italiana degli anni Sessanta. Oltre a questo abbondavano ovviamente gli sceneggiati del passato e del presente, le produzioni di genere fantastico, il tutto cacciato a forza in un poliedrico calderone che come ovvio annoverava anche i varietà — che all’epoca venivano firmati da autentici geni, come Enzo Trapani — e le tribune politiche (quando la politica esisteva e veniva fatta dai politici, non dalle veline), i programmi di pubblica utilità e quelli espressamente dedicati ai giovani e giovanissimi.

In altre parole, quella era una televisione che faceva servizio pubblico attraverso una fedele conservazione e riproposizione della memoria.

Ciò che accade oggi è l’esatto contrario, e avviene sulla base di due dinamiche compresenti e speculari: da un lato la vera e propria censura della memoria, che si traduce in una sua effettiva assenza dai palinsesti; dall’altro lato la manipolazione della parte puramente “nominale” della memoria, per proporre intollerabili semplificazioni, deformazioni e usi impropri della stessa.

Riassumendo, la nostra storia o e taciuta, o e raccontata in modo sommario, per non dire falsificante. Non mi stupisce dunque il dilagante revisionismo, la presenza di cariche pubbliche che disertano le feste della Repubblica, per non parlare della decadenza ormai decennale del nostro paese e del suo sistema economico, culturale e istituzionale.