Sono sempre rimasto a dir poco affascinato dai blog dattiloscritti, una sorta di moda di qualche tempo fa, che fondeva appunto il mezzo digitale con l’arte di passare allo scanner fogli di carta imbrattati da strumenti analogici di scrittura.
Innanzitutto bisogna capire che non siamo nessuno. Essendo tanti “nessuno”, la sola cosa che possiamo raggiungere è un avanzamento del nostro essere al cospetto di noi stessi. Solo dopo questo avanzamento potremo diventare qualcuno.
Filippo Albertin
Il disegno di ieri, conservato nel mio ormai proverbiale logbook cartaceo.
Ormai questo è il mio standard. Mini-notes Clairfontaine “Aged Bag” e adesivi vari (specie asiatici). Di solito uso però copertine colorate. (Colonna sonora: John Zorn.)
Un grazie anche ad Austin Kleon per questa playlist (preview)…
Ho iniziato a scrivere in questa modalità. Mi piace molto. Ha senso. La morfologia alla quale sono andato convergendo, “semi-punteggiata”, restituisce un senso di ordine e scansione logica che mi somiglia. Ovvero, che mi somiglia in queste specifiche composizioni.
Affollato il tempo che ti impedisce di scrivere,
ovvero che ti ingabbia nell'assenza di senso
e nell'obbligo di porselo come unico utopico desiderio.
Affollato e dunque a somma zero, spalla a spalla
la tua silenziosa rabbia.
L'odiosa copertina di un Feltrinelli attuale,
che propone pure il Sanguineti fino al 1981,
ossia, verbo pregevole, nato in pregevole Repubblica,
ebbene, pure questo conato culturale arriva a disgustarmi.
Letture rese aliene dall'alienazione.
Stamattina, di fronte alla casa dei genitori di mia moglie, ho avuto modo di incontrare nuovamente la gattina che avevo conosciuto alcun giorni fa. Ancora una volta, non ha disdegnato le mie coccole, questa volta erogate “in regime di stretching estremo” vista l’altezza del muretto di cinta.
Il caffè del mattino. Direi, che solo di quello, e di gatti accoccolati, si potrebbe esistere su questo pianeta.
Di libri, anche. Ma di quelli vecchi, rigorosamente cartacei, ossia pesanti, concreti, quelli che ancora sottendevano l’intelletto di chi li aveva scritti o accorpati.