Pixelfed the Seducer

Il titolo di questo mio post saccheggia quello di un noto album — che dico album, capolavoro — dei Ladytron, risalente ormai a quattordici anni fa. La componente della seduzione è evidente, come in tutto quello che riguarda sua maestà il fediverso. Questo per dire che sì, l’arrivo della tanto annunciata applicazione mobile di Pixelfed mi ha indotto a spingere sul mio account con tutte le forze!

Pensavo di utilizzare questo luogo in sostituzione di Instagram, luogo che letteralmente detesto, ma che continuo a tenere, esattamente come accade per il gemello Facebook, solo per ragioni di etichetta. Potrei convertire in “fediverso pensiero” un po’ tutta la mia produzione in termini di visual thinking creativo. Sarebbe interessante.

Pixelfed Social consente di commentare le proprie immagini con ben 2000 caratteri. Praticamente una piattaforma di blogging, visto che manco Mastodon Vivaldi Social arriva a tanto (si ferma peraltro al simbolico numero di 1337, che di certo non è poco). Razionalità, fediverso, alternativa al mainstream: tutte cose che mi piacciono.

I 500 caratteri di Mastodon Social vanno benissimo per un diario quotidiano, che, diciamocelo, in un comune blog longform-oriented ormai non ha più senso. Ci penserò in modo operativo e concreto, anche perché, di fatto, ad oggi il mio diario quotidiano nel web non so bene dove sia, visto che preferisco di gran lunga le annotazioni cartacee. Da questo punto di vista, ho trovato estremamente produttivo questo video, che parla del metodo minimalista di note taking di Sam Altman.

Da notare che Pixelfed può essere usato proprio come veicolo per trasmettere a un vasto pubblico le proprie annotazioni su carta. Semplice, banale, ma geniale sul piano fenomenologico. Decisamente seduttivo.

Qualche Appunto sugli Appunti Cartacei

The notebook is the place where you figure out what’s going on inside you or what’s rattling around. And then, the keyboard is the place that you go to tell people about it.

Austin Kleon

L’idea di un luogo fisico dove annotare le cose prima che prendano una forma in qualche misura “compiuta” è geniale, ma nel contempo estremamente scivolosa. Cerco di spiegarmi meglio dicendo che mi capita di cercare qualcosa nel mio passato, e di rivolgermi, in via totalmente congiunturale, a vecchi taccuini che mi restituiscono una risposta a volte addirittura illuminante. Tuttavia questo procedimento sembra essere troppo spesso una modalità casuale, ovvero non deliberata. La soluzione pratica passa necessariamente per il campo della comodità di annotare su carta degli schemi, che però siano dettati da un disegno che necessariamente deve prendere forma. Per così dire, un annotare schemi percepiti da subito come importanti, e dunque degni di essere estesi in un ragionamento più ampio e articolato.

Scribacchiando e Ideando

Innanzitutto bisogna capire che non siamo nessuno. Essendo tanti “nessuno”, la sola cosa che possiamo raggiungere è un avanzamento del nostro essere al cospetto di noi stessi. Solo dopo questo avanzamento potremo diventare qualcuno.

Filippo Albertin

Il disegno di ieri, conservato nel mio ormai proverbiale logbook cartaceo.

Perseverare, perseverare, e ancora: perseverare…

Primo Gennaio Autodivinatorio

Sono stato quasi tutte le vacanze natalizie chiuso in casa. Il cielo di Acquapendente ha avuto qualche sprazzo soleggiato, che abbiamo sfruttato per due aperitivi in piazza. Per il resto, pioggia e grigiume, come ora davanti alla finestra. Rami secchi, uccellini, e i suoni tipici della vegetazione carica di fredda umidità.

Il primo dell’anno è sempre, per tutti, per troppi, un richiamo a chissà quale cambiamento nella propria esistenza. Ebbene, io credo che la prospettiva sia troppo ampia. L’anno cambia, ma è ovvio che noi restiamo quelli che siamo, e che la nostra evoluzione può solo definirsi lungo la scia della tenacia giornaliera, per non dire ora per ora, minuto per minuto.

Tuttavia mi piace immaginare una nuova attenzione in grado di veicolare certi cambiamenti. Il passaggio annuale è in questo senso un’occasione stimolante, non ci sono dubbi.

Ho deciso, per esempio, di razionalizzare alcuni miei luoghi nel web, primo fra tutti Instagram, che a mio avviso dovrebbe servire a scopi più orientati e meno casuali e autoreferenziali. Interessante per esempio l’uso delle “storie”, che possono essere trasformate in immagini e utilizzate altrove.

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111679445339609696
Utilizzo il mio Mastodon Vivaldi Social come luogo dove annotare pubblicamente quello che faccio in senso creativo. Nello specifico, queste carte colorate mi stimolano. Voglio inserirle qui, collezionarle, usarle…

Soliti Scarabocchi Ritrovati

Stamattina ho trovato un mio vecchio taccuino, imboscato nei meandri dello zaino che ho portato qui in vacanza assieme al mio Chromebook. (Ebbene sì, niente Vivaldi Browser. Di solito quando mi muovo vado di standardizzazione mainstream, anche perché la produttività personale in senso lato è messa da parte.)

Ci sono delle immagini veramente cool. Come questa, per esempio. Come vedete, amo utilizzare per questi ritagli la mia succursale di microblogging nel fediverso di Vivaldi Social, che vi invito a seguire e a usare.

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111662851002610501

Nel medesimo taccuino ho anche trovato delle cose che mi ricordano la mia passione per il cinema di genere di quello che ho sempre chiamato “il cinquantennio pop”, dagli anni Cinquanta a poco dopo la fine degli anni Ottanta. Non saprei come inquadrarle, ma mi piacciono molto.

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111662781419763742

Per non parlare di questo delirio discordiano, che mi suggerisce di continuare una certa lettura che ho messo momentaneamente nel cassetto: L’Occhio nella Piramide (1975). Ma questa è un’altra storia…

https://social.vivaldi.net/@creativephil/111662749235891074

Idee Preliminari sul Possibile Compbook

Intendiamoci: I miei composition book, che alcuni autori chiamano compbook, ovvero quei supporti analogici che uso mimando uno scopo paragonabile a quello della “scrittura scolastica”, non somigliano troppo a questo classico qui di fianco, che iconograficamente si associa alla scrittura più o meno creativa praticata nei campus e delle università statunitensi.

Mi piaceva però proporre un’immagine che fosse indicativa di ciò che penso nell’uscire quasi completamente dalla logica del puro visual thinking.

(A tale proposito avevo pure anticipato la cosa in un post.)

Mi sono reso conto che devo scrivere prosa su supporti grandi, almeno A4 direi. Per questo la cosa migliore sarebbe usare direttamente una risma di fogli, ma la cosa è ben poco applicabile alla necessità che ho di portarmi dietro le cose. Quindi per forza mi devo proprio rivolgere a formati “da compbook”, che di solito ruotano attorno alle proporzioni dello schema detto B.

In questo senso, adoro i prodotti della Rhodia…

Tuttavia credo che opterò per prodotti molto più semplici, che possano ricordarmi i vecchi quaderni di trenta, quarant’anni fa. Carta umile, penne a sfera, cose così…

Lo Stile dei Miei Nuovi Diari Visuali

La creatività deve imporre limiti e cornici. In questo senso, mi sono obbligato a usare i (miei amati) quaderni Clairfontaine (serie age bag) in un solo e unico modo, ovvero con pennarelli neri a punta ora tonda e grossa, ora a pennello. Una sola variante è permessa: il collage con sticker vari e carte incollate (scrapbooking, si direbbe). Ecco un esempio di cosa intendo…

Più che banalmente evidente, la somiglianza coi diari di Austin Kleon è deliberatamente programmatica. Voglio annotare diari esattamente come lui; non per copiarlo, ma per godere della stessa comodità nella quale lui sembra sguazzare nel compilarli.

La scelta di uno standard è infatti per me un problema molto sentito, non tanto per la scelta in sé, quanto per il tempo che mi costringe a dedicarle. Ergo, devo decidere a monte, imponendo una sorta di schema razionale da rispettare.

Quanto alla scrittura in sé, ho deciso invece di esercitarla completamente in altri contenitori, in forme che non somiglino minimamente a quelle del visual thinking.

Ma questa, come dicono i grandi, è un’altra storia, e verrà raccontata altrove.

Sul Cosiddetto Disegno Brutto: Confutazione

Oggi sono incappato in un sito veramente molto ben realizzato, appassionato e soprattutto utile. A me la dicitura “disegno brutto” però non piace molto, perché in realtà i risultati di questa metodica non porgono assolutamente un output effettivamente brutto. Più che altro direi selvaggio, spontaneo, immediato, bambinesco, con uno stile che ricorda peraltro svariati grandi artisti della grafica e della pittura (Saul Steinberg, Paul Klee, solo per citarne alcuni).

Se poi ci spostiamo al campo del pensiero visuale, l’adagio di Mike Rohde parla chiaro: riferendosi alla tecnica della sketchnote (da lui ideata), la denota precisando che riguarda le idee, e non l’arte. Quindi, nel parlare di immagini che servono a pensare, ci riferiamo comunque a una forma di disegno che si valuta per la sua funzione, e non per il suo contenuto estetico.

Ma è veramente così? Secondo me no, ovvero non proprio, e la realtà è ancora più sottile e intrigante. Cercherò di spiegarla al meglio.

Esiste a mio avviso un’estetica della funzionalità, una sorta di punto intermedio, di proporzione quasi aurea, che dovrebbe intercettare un affinarsi lungo la via del disegnare non manieristico, ma comunque legato a un’efficacia comunicativa che è nel contempo funzione e bellezza. Esiste, cioè, un galateo che non allude alla bellezza, che so, di un’immagine copiata a mano con precisione fotografica, o di uno schizzo in perfetta prospettiva annotato da un abilissimo architetto, ma risponde a esigenze diverse, a sensibilità alternative, nonché a istanze altrettanto conformi alla bellezza in senso lato.

Il rifiuto del manierismo non è il rifiuto di una certa concezione dell’equilibrio compositivo, che può tranquillamente essere fatto di eccessi e di misure, in un mix che la pratica può efficacemente individuare.

Il mio modo di disegnare è solo mio. Procede per tentativi, giustapposizioni, montaggi, che hanno come unico scopo la costruzione di qualcosa che serva. Tutto qui.