Sostituzione

Il mio vecchio blog su LiveJournal, di cui ho parlato qualche post fa, è stato censurato e chiuso. Le motivazioni, in questo caso, sono praticamente impossibili da ottenere, e non mi ci metto neppure. Sta di fatto che queste cose, per quanto legate magari a questioni banalissime, ci devono fare comunque riflettere sulla natura centralizzata, ergo potenzialmente dispotica, del web in quanto tale.

Tuttavia ho aperto (ed espressamente inaugurato) un nuovo blog, sempre su LiveJournal, per testare in modo più consapevole e attento la cosa. Buona lettura.

https://cypherguy.livejournal.com

Spiegazione di una Spiegazione

Il noto compositore italiano Luciano Berio usava spesso comporre brani sulla base di un meccanismo intellettuale piuttosto particolare, che non mi sembra riscontrabile (almeno palesemente, o in modo espressamente deliberato) in altri suoi colleghi. In sostanza, utilizzava una certa opera musicale per illustrare un concetto, arrivando addirittura a comporne una seconda che fosse in grado di precisare meglio, o spiegare di sana pianta, il concetto espresso nella prima.

L’idea risultante è quella di una spiegazione “ricorsiva”, laddove l’ultimo output spiega quello che viene prima.

A me capita una cosa del genere con la scrittura nel web. Con la differenza che i tempi sono invertiti: abbandono un blog per farne un altro, e torno al blog originario per spiegare quello che lo ha — a questo punto solo parzialmente — rimpiazzato.

Il mio nuovissimo blog su LiveJournal è nato come sbocco per tutti quei monologhi che non riuscivo a collocare altrove. In questo senso, ciò che veniva prima ha oggi per me un valore alternativo, e una configurazione diversa da quella dalla quale ho inizialmente preso le distanze. Una fuga che è un ritorno, insomma. Ovvero una specie di edizione rinnovata del viaggio dell’eroe in un micro-viaggio personale.

Palmbeach si sposta (?)

Adoro Vivaldi Browser, adoro la sua comunità, ma per svariate ragioni Palmbeach “official” si sposta altrove. Nello specifico, il mio mastodon (altrettanto ufficiale) sarà diverso, e il mio blog ospitato da altra piattaforma. Tutti i contenuti del presente blog ovviamente rimangono intatti e qui presenti per tutte le letture che desiderate. Qui ho parlato di tante cose, dall’economia al cinema, dalle serie TV alla politica, quindi mi sembra doveroso mantenere questo archivio nella sua completezza.

Continuerò a scrivere qui? La risposta è affermativa, ma circostanziata. Ritengo che una community “browser-based” debba avere determinate caratteristiche, che probabilmente non posso rispettare nell’esprimermi a 360 gradi. Quindi, che posso dire? Utilizzerò questo luogo come sandbox.

Trovate me — sempre in forma di Palmbeach — su Noblogs. Buona lettura!

palmbeach.noblogs.org

Due Appunti su Web e Scrittura

Annotazioni dal mio taccuino. Si parla di Web e di forme di trasmissione del pensiero, tra editoria classica, modernità, conflittualità intrinseca dei generi, delle ritmiche e delle modalità.

Il problema della piazza virtuale è che, nei vent’anni del suo sviluppo, è stata data in pasto all’utenza generalizzata senza una minima previsione di ciò che sarebbe accaduto. Le premesse erano ovviamente positive e incoraggianti, e in parte è chiaro che a tutt’oggi il Web è e rimane uno strumento irrinunciabile. Ma l’amplificazione indiscriminata di qualsiasi voce in un bacino indifferenziato e privo di specializzazioni, per molti versi del tutto inconsapevole, ha creato non già un pluralismo utile, quanto piuttosto un affollamento tossico esteso lungo tutte le latitudini.

Se in una piazza reale tutti iniziano a urlare, chi intende farsi sentire sarà costretto ad alzare ancora di più la voce, aumentando il baccano e selezionando in modalità avversa altra gente ancora più a suo agio nell’alzare la voce.

Il risultato è evidentemente caotico, ovvero determina uno scenario affollato e a più velocità; un vero e proprio oceano percorso internamente da correnti anche molto diverse tra loro, che propongono idee e progetti il più delle volte contaminate da istanze truffaldine, o demenziali, o volgarmente autopromozionali (basti pensare all’ormai onnipresente fenomeno dei fuffaguru), che in definitiva ci vedono attori sempre più passivi al cospetto di una nuova forma di zapping televisivo: appunto, lo scrolling, come ovvio riferito alla netta sovrabbondanza dell’utenza mobile rispetto a quella desktop.

Mi sono permesso di elencare brutalmente quelle che a mio avviso sono le derive più evidenti che il Web contemporaneo rappresenta:

  • giornalismo spazzatura, orientato alla pura realizzazione di click su annunci pubblicitari;
  • in generale, contenuti finalizzati al puro ottenimento di traffico;
  • demenzialità autoreferenziale e altri fenomeni da baraccone;
  • microblogging con profili falsi per indirizzare traffico;
  • recensioni con profili falsi;
  • fake news;
  • complottismi, benaltrismi, antiscientismi, bastiancontrarismi, e altre amenità postpandemiche;
  • come scrivere un libro di successo in cinque minuti con la sola forza del pensiero;
  • come guadagnare diecimila euro al mese lavorando un minuto al giorno;
  • tutto quello che sai sul trading online è falso, segui questo mio corso e diventerai miliardario, costerebbe ventimila ma te lo faccio a venti euro;
  • altre opportunità straordinarie della serie puoi tutto se lo vuoi;
  • porcate di vario genere;
  • esplorazione amatoriale di mercati assolutamente saturi, o inesistenti;
  • piattaforme di monetizzazione invase da gente che non monetizza alcunché.

Le dinamiche valorialmente inflative del Web a mio avviso seguono una dinamica molto chiara, che è la seguente: da un lato c’è un operatore che intende chiedere denaro per erogare un certo servizio: dall’altro lato c’è un secondo operatore che, desideroso di farsi conoscere, sfrutta l’implicita domanda creata creata dal primo operatore per erogare gratuitamente il suo stesso servizio. In altre parole, o il Web è uno strumento per vendere più efficientemente prodotti e servizi che si vendono già nel mondo reale (Amazon docet), oppure è un mezzo che crea l’illusione di creare nuovi prodotti e servizi, che in realtà arricchiscono solo le grandi piattaforme attraverso la vendita di nostri dati personali a terzi.

Il fenomeno stesso della fruizione, oggi come oggi, è cambiato. Siamo in troppi a scrivere, dunque siamo in troppo pochi a leggere: è un’equazione molto banale e facilmente comprensibile — a proposito di isomorfismi monetari — anche da un punto di vista strettamente economico. I contenuti attuali, per esistere, devono essere l’esatto opposto di ciò che è stata la grande letteratura. In altre parole si continuerà certamente a ripubblicare in edizioni cartacee l’Odissea di Omero, così come 1984 di Orwell, ma difficilmente riusciremo a trovare ripubblicati testi usciti per la prima volta trenta o venti anni fa, se non entro dinamiche editoriali che sono l’eccezione e non la regola.

BlueSky: New Entry

Da qualche tempo a questa parte scrivo anche su BlueSky, un’applicazione ulteriore e alternativa al Twitter “muskizzato” in X (non abbiamo ancora capito come chiamarlo).

La piattaforma è piacevolmente fresca, piena di voci nuove, con pochissimo spam e priva di quel pregresso melmoso che invece caratterizza altre incursioni nel genere, prima fra tutte quella di Threads, che ho incrociato solo per pochi giorni prima del totale abbandono.

L’idea di BlueSky sembra mimare quella di un nuovo inizio. Credo che anche il nome derivi più o meno direttamente da questo intento programmatico.

Ho deciso che in questo social parlerò di cose nuove.

Penso che BlueSky possa essere un’ottima occasione per ricominciare a parlare di social networking in senso collaborativo, disteso, lontano dai troppi “bot più o meno umanizzati” che infestano il mainstream. Tenerci lontano da X credo possa essere una modalità “ecologica” molto, molto efficace.— Filippo Albertin (@filippoalbertin.bsky.social) May 4, 2024 at 11:52

Oltre la Merdificazione del Web

Cory Doctorow, grande personaggio e comunicatore legato al mondo dei media e del web, ha recentemente coniato il termine enshittification per descrivere le ultime tendenze della grande rete dominata dalle multinazionali del social networking e della compravendita dati online. In italiano, l’espressione potrebbe essere resa letteralmente con un ulteriore e altrettanto colorito neologismo, merdificazione, che come piuttosto ovvio allude a un progressivo degrado della qualità del mezzo.

Doctorow, figura certamente dotata di grande carica istrionica e iconica, intende descrivere un processo a mio avviso meramente economico, dietro una facciata che vede appunto il degrado della qualità come conseguenza diretta. In altre parole, le grandi compagnie inducono il passaggio lungo tre fasi. Nella prima l’utente viene coccolato attraverso la gratuità. Nella seconda il medesimo utente viene trattato male, a favore del “creatore di contenuti” (o dell’azienda) che intende vendergli un prodotto. Nella terza, utente e venditore vengono ugualmente trattati male, attraverso un processo di progressiva acquisizione del valore aggiunto generato dalla loro interazione. Questo processo porta a un progressivo deterioramento dei contenuti verso livelli di qualità sempre più discutibili, fino al raggiungimento dei picchi di squallore che ormai da tempo abbiamo imparato a conoscere.

Ebbene, Doctorow è chiaramente un commentatore di grandissimo pregio, ed è abbastanza chiaro quanto il ruolo della big company di turno sia fondamentale in ciò che descrive. Tuttavia io ritengo che la “bassa qualità”, come fenomeno generale, oltre che essere per definizione valutata da una minoranza evoluta della popolazione (da cui tutte le problematiche democratiche del caso), sia anche di per sé una fenomenologia intrinsecamente legata alle masse, e costituisca pertanto non già un fatto economico, ma più precisamente una risposta economica all’opportunità di monetizzare il peggio che le masse possano produrre.

La mia personale concezione, quindi, esula dal modello “noi contro loro” di Doctorow, che secondo me incorre nella solita semplificazione tipica del pensiero statunitense, e abbraccia invece la necessaria, per quanto fastidiosa, assunzione di responsabilità personale all’interno di una “realtà complessa e sistemica”, quale appunto quella nella quale volenti o nolenti ci troviamo.

Possiamo attingere da fonti informative di qualità, ma non possiamo in alcun modo arginare la disinformazione che dilaga nel villaggio globale. Possiamo difendere noi stessi dalla tracciabilità e dal furto di dati sensibili, ma non possiamo salvare l’intera umanità. E via discorrendo… Una logica positivamente individualista sembra essere l’unica via percorribile affinché specifiche comunità possano usufruire, si spera all’interno di uno scenario decente, del mezzo informatico come strumento di libertà e miglioramento.

In questo senso, credo si ponga come irrinunciabile il discorso sull’ormai inevitabile scontro tra modelli centralizzati e modelli decentralizzati.

Il dilagante esodo verso piattaforme molto più decentralizzate come Mastodon, avvenuto per esempio dopo il passaggio di proprietà di Twitter a Elon Musk, esprime con eloquenza una dinamica: la percezione della necessità di godere di un Web libero e slegato da logiche “seconde” potrà non riguardare le masse, ma certamente riguarda moltissime persone.

Non è ovviamente questa la sede più idonea per parlarne, ma credo che anche il mondo della blockchain stia seguendo questa tendenza, supportandola dal punto di vista tecnico per ottenere un grado di decentralizzazione molto più spinto, per non dire radicale.

Per me la questione non è tanto confinata a una non meglio precisata lotta continua, che vedo sterile per definizione, contro gli interessi delle grandi multinazionali della tecnologia infotelematica. Piuttosto, si tratta di mettere in piedi soluzioni alternative in grado di ovviare ai difetti del sistema, per noi e per coloro che condividono la nostra volontà di tornare a un Web costruttivo e migliorativo della vita di ciascuno.

Quindi, serve riflettere su alcuni dettagli. Il Web non è una riproduzione in scala uno a uno del mondo e della sua popolazione. Il Web è uno strumento nelle mani di chi lo usa, e siamo soprattutto noi a definirne un profilo intelligente e proficuo.

Questa cosa non dobbiamo mai dimenticarla.

Presentazione Palm Beach Blog

Le mie questioni relative al vecchio blog in Vivaldi Community hanno caratterizzato una fattispecie decisionale già abbondantemente descritta. Ora è il momento di presentare il nuovissimo blog in quella stessa community che mi ha indotto a tante elucubrazioni burrascose (ma creative).

palmbeach.vivaldi.net

Mi piace immaginare questo blog come un luogo fortemente monoideista. Ossia, un luogo dove concentrare argomenti unicamente legati a pochissimi temi di base. In primis, tecnologia di comunicazione (cosa che si adatta molto bene a quella community) e scrittura “classica” riversata nel web.

Vorrei fosse un vero e proprio diario compilato nello stile di Cory Doctorow.

Ritorno a WordPress: le Motivazioni

Ho trasferito qui il mio (quasi) storico blog in WordPress. Ora sto provvedendo a trasferire i vecchi contenuti per rilanciare il tutto in una nuova, nuovissima forma.

Il perché di questa mia scelta è presto detto. Io uso tantissimo Vivaldi Browser, uno strumento per me assolutamente inarrivabile. Tuttavia, il team di sviluppo di tale pezzo di software nasce circa una decina scarsa di anni fa da un fork burrascoso relativo all’analogo progetto Opera, browser che molti di voi conosceranno come nativamente crypto friendly. Ora, io ritengo che un browser debba essere solo e unicamente un browser, e che la scelta di non occuparsi di cryptovalute “dento un browser” sia non solo pienamente legittima, ma addirittura opportuna (ecco perché io oggi uso Vivaldi, non Opera, e neppure Brave). In altri termini, che sia il mercato dei plugin, e non il codice nativo, a caratterizzare il web3 all’interno di un certo browser.

Il problema è che tutto il team Vivaldi, sulla scia di questa legittima scelta tecnica ha innescato una vera e propria crociata globale contro le crypto in quanto tali (per ragioni logicamente molto deboli), obbligando tutti i partecipanti alla sua community (che annovera anche un’istanza Mastodon) di non parlarne mai.

Un atteggiamento, questo, a mio avviso del tutto sbagliato, che evidentemente mi avrebbe portato a ridimensionare il mio rapporto con questo gruppo di programmatori, indipendentemente dalla pregevolezza — che continuo a difendere — del loro prodotto.

A dirla tutta, il comportamento delle alte sfere di Vivaldi si è dimostrato in materia piuttosto discutibile e schizofrenico, soprattutto in relazione a un fatto che ebbi modo di portare alla luce qualche tempo fa. Un certo promotore del browser, infatti, fu nel marzo 2023 molto candidamente presentato al vasto pubblico (con post immediatamente cambiato a causa appunto del mio disappunto espresso frontalmente al frontman vivaldiano Jon S. von Tetzchner) come attivista impegnato nella diffusione della privacy coin zCash, cryptomoneta ben nota nel settore. Ebbene, la mia protesta piuttosto accesa ebbe come risultato la rimozione dalla maglietta (della versione grafica) del sopraccitato promotore del simbolo di zCash, che fu sostituito — piuttosto goffamente — prima da un cerchio giallo vuoto, e poi da una “V” che stava per Vivaldi.

Su Twitter mi capitò, come vedete, di fare un po’ di casino in materia, e ci fu uno scambio di battute piuttosto accese in un forum.

Insomma, ci ho pensato a lungo, e a lungo non ho preso particolari provvedimenti. Il mio “vecchio Navigazioni Annotate” era appunto ospitato dalla community di blogger di Vivaldi, che si estendeva, come detto, in una succursale su Mastodon. Ogni volta che volevo liberamente dire qualcosa dovevo pensare quindi ad autocensurare tutta la parte direttamente legata alla rivoluzione blockchain, e a selezionare ciò che potevo dire, destinando ad altre piattaforme il resto. Insomma, un lavoraccio fastidioso, no? Ecco perché ho deciso di spostarmi.

Ho ancora un blog in Vivaldi, ma sotto diversa identità. Sto studiando creativamente il modo di utilizzarlo, e credo di essere giunto a una conclusione: se vuoi che mi nasconda, allora utilizzerò questa tua risorsa sotto pseudonimo, e con intenti molto vicini all’hacking cyberpunk. Ossi, se pensi che le crypto siano un gioco sporco, allora eviterò di parlare di crypto, e farò quello che tu mi permetti di fare trasformandolo in un gioco ancora più sporco.

Detto questo, buona lettura.

Cosa Avete da Dare all’Artista?

I libri — quelli veri, anche indipendentemente dalla possibilità di diventare dei veri e propri “classici”, dettaglio evidentemente ben ulteriore al riconoscibile professionismo — nascono per essere letti e riletti senza perdere la loro attualità. Da questo punto di vista è evidente che la scrittura online non può e non potrà mai assurgere a tale ruolo, se non nella banale, per quanto utile, documentazione giornalistica.

Il web è di per sé troppo rapido, volatile e transeunte per riuscire a veicolare qualcosa di effettivamente stabile e statico, oltre che perennemente illuminante. Quindi tanto vale utilizzarlo come “tam tam letterario”, ovvero testimonianza di qualcosa che può accadere e in qualche misura ha senso documentare, fissare su carta elettronica in rete.

Personalmente sono anni luce lontano dalla logorroica penna elettronica di gente come Cory Doctorow. Non sarei mai, dico mai in grado di condividere con voi tutto quello che scrivo per me stesso. E d’altra parte, lasciando stare le pulsioni e i piaceri del “fare per il fare”, che è un po’ la riedizione dell’arte per l’arte, perché mai dovrei farlo?